domenica 4 ottobre 2009

L'Italia che dimentica


Il titolo di questo post doveva essere L'Italia dimenticata, ma poi mi sono reso conto che sarebbe stato banale. I misfatti che ogni giorno avvengono nel nostro paese, volutamente con la lettera minuscola, ci hanno assuefatto. I politci disonesti sono diventati un luogo comune, l'aria inquinata un dato di fatto, i morti nelle stragi (Ustica, Italicus, Moby Prince, Piazza Fontana, Stazione di Bologna e avanti così) un inevitabile dazio da pagare nell'ambito di una guerra senza vincitori nè vinti.

E noi italiani protestiamo, ci indignamo, ci ammucchiamo nelle piazze dietro slogan riciclati e lanciamo insulti e maledizioni. Poi ci sono quelli che avrebbero tutti i motivi per essere arrabbiati, i parenti delle vittime, i truffati, i malati e i deboli, ma loro hanno ben altro cui pensare che scendere nelle piazze. Loro sono l'Italia dimenticata, ma forse è un bene che uno stato come quello italiano si dimentichi di loro: hanno già sofferto abbastanza.
E allora se da una parte c'è questa Italia che piange, dall'altra c'è quella che grida. E' appunto l'Italia che dimentica, è l'Italia che vuole restare com'è perchè crescere significa fatica. E' l'Italia che attende una nuova tragedia per potersi lamentare e imprecare, cercando a tutti i costi un nome, un partito o un'idea da colpevolizzare. E già c'è chi sta contandosi i soldi in tasca, freschi freschi di tragedia. Soldi che puzzano di morte.
Il pensiero in questi giorni va a Messina, dove un nubifragio ha causato crolli e frane cancellando decine di vite: subito è partito il grido di dolore e di protesta. Si cerca il colpevole, si parla di tragedia annunciata, ma io mi chiedo, annunciata da chi? E se è vero che da anni si temeva che potesse accadere un fatto del genere, chi e perchè non ha fatto nulla? Gira tutto intorno ai soldi. I soldi hanno il potere di far tacere le bocche e le coscienze.
Pochi anni fa a Sarno i morti furono centinaia. Si pianse, si protestò e si chiesero miliardi per ricostruire. Cosa è cambiato da allora? Oggi siamo ancora qui, nell'Italia che dimentica, a morire di pioggia.


L'Italia dimentica se stessa, dimentica i suoi morti, i suoi valori, la sua storia, i suoi eroi, i suoi errori. La nostra, che ci piaccia o no, è un'Italia che dimentica. Ed è sottile il confine tra appartenere all'Italia che dimentica o a quella dimenticata. Può bastare un biglietto aereo, un viaggio in treno o un semplice temporale.

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