martedì 6 ottobre 2009

Figli del silenzio nell'età della pietra


Ercole Ferraro. Un nome come un altro, uno tra i miliardi di nomi che restano appiccicati alle vite delle persone e le distinguono da quelle degli altri. La vita di Ercole Ferraro però si è fermata sabato mattina. Ex tranviere di Torino, Ercole Ferraro ha pensato bene di difendere la conducente di un autobus dall'aggressione di un ragazzino, un bambino di nemmeno 18 anni, il quale ha reagito colpendolo con due pugni al volto. Motivo della lite. Il minorenne voleva portare una bicicletta sul bus.

Si può morire per questo? Ercole Ferraro è deceduto due giorni dopo per un ictus conseguente all'emorragia cerebrale causata dai colpi alla testa. Ercole Ferraro aveva 76 anni.

Ovviamente non si sa dove sia finito quel ragazzino, sparito nelle viscere di Torino con la sua colpa e la sua macchia indelebile, che si porterà appiccicata addosso più del nome che porta.

Questa è la società in cui viviamo oggi; si parla tanto di progresso tecnologico, di conquiste della scienza, di vita digitale, ma a me sembra che si stia tornando a gran velocità indietro nel tempo, all'era della pietra, quando la differenza tra la vita e la morte la faceva la legge del più forte. Ed è così. E' così che puoi venire ucciso da un cazzotto su un autobus nel centro di Torino o mutilato a Porta Romana a Milano in mezzo alla strada per un attaccodi gelosia o ancora preso a calci per un parcheggio rubato.

Non ho conosciuto Ercole Ferraro, ma è come se fosse mio nonno o mio padre. La sopravvivenza alla grande guerra, una famiglia da sfamare, bambini a cui insegnare ad andare in bicicletta, una moglie da rassicurare con qualche piccola bugia per mascherare la debolezza di una sera. Qualche litigata e poi sempre a far la pace, perchè la famiglia viene prima di tutto. Quanti sacrifici in una vita... tanto lavoro e poco divertimento, perchè chi ha conosciuto la povertà apprezza il valore della fatica e del denaro. Però poi arriva l'età in cui puoi, una mattina qualunque, prendere l'autobus e attraversare la città senza ansia da ritardo e goderti il sole che scalda i fiori sui balconi dei palazzi. Poi su quell'autobus sale un ragazzino, uno come tanti, uno che potresti essere tu tanti anni fa e invece...

Quel ragazzino ormai è maledetto, ma come lui ce ne sono tanti, che se ancora non lo sono, presto lo saranno. Io li chiamo figli del silenzio: il silenzio dei genitori che pur di non ascoltare i loro problemi li coprono di vizi e denaro; il silenzio dietro cui nascondono le loro paure perchè avere paura è imbarazzante; il silenzio della scuola, che non è più educatrice perchè le è stata tolta ogni autorità, ogni potere, ogni residua risorsa extra-scolastica.

L'educazione dei figli è un lavoro e come tale costa fatica, impegno, dedizione e sacrifici. L'assenza di educazione ai valori del rispetto e della vita civile è l'embrione dell'ignoranza e della violenza. E chi è ignorante diventa violento e chi sceglie la violenza non ha bisogno di parole per esprimersi. E allora tace e picchia per affermare se stesso, a prescindere da tutto e da tutti.

Se mi guardo intorno vedo figli del silenzio in ogni angolo e anche oltre.

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