martedì 19 gennaio 2010

Equo compenso, equa fregatura



E' notizia di qualche giorno fa che il governo ha emanato un decreto legge che impone una "tassa di equo compenso" su CD, DVD, masterizzatori, hard disk multimediali, cellulari e computer a beneficio della Siae, la società che gestisce i diritti d'autore in Italia. Cosa significa?


Diverse cose: innanzitutto che d'ora in avanti i prodotti che ho citato costeranno di più, a prescindere dall'uso che ne faremo. Non importa se usiamo il cellulare per telefonare e mandare qualche Sms. Il dispositivo è in grado di memorizzare e riprodurre contenuto eventualmente protetto da diritto d'autore: tanto basta per far scattare l'equo-bollino...bisogna pagare!

Ma equo compenso significa anche che la legge punisce non tanto le intenzioni, quanto le potenzialità: invece che lavorare per impedire che la pirateria sia sempre un passo avanti rispetto all'industria degli audiovisivi, in Italia si decide di colpire tutti indistintamente, come a dire "colpendo tutti, colpiamo anche chi viola la legge". Pausa di riflessione.

In realtà il decreto Bondi (ma preferisco chiamarlo Equo compenso.. ha qualcosa di ironico questa definizione), nasce non come forma repressiva nei confronti dei pirati, quanto come contentino per la Siae, incapace di tutelare i propri soci e iscritti. Gli artisti e le case discografice e cinematrografiche vengono pesantemente danneggiate dalla pirateria (e questo è indiscutibile) e non potendo proteggere i propri interessi, cercano di aumentarli (un po' come quando il governo Amato aumentò per decreto i finanziamenti pubblici ai partiti per ridurre il tasso di corruzione e finanziamento illecito). Ma a farne le spese, al solito, sono i cittadini.

A voler fare i furbetti si potrebbe quasi pensare che dovendo pagare per qualcosa che potremmo fare...tanto vale farlo! Ma non siamo così maliziosi, noi...

Già le associazioni di consumatori e il mondo dell'IT si sono mobilitati: Altroconsumo ha stimato in 100 euro circa il rincaro a famiglia, Assinform ha previsto forti penalizzazioni per il settore e così via...

Io sono dell'opinione che prima di tutto andrebbe rivisto il ruolo della Siae, in secondo luogo l'industria audio-visiva dovrebbe fare un bell'esame di coscienza su come si è mosso, solo per fare un esempio, il mercato dei CD negli ultimi anni, con prezzi eccessivi e continue rincorse al "fenomeno del momento" equiparato a mostri sacri della musica. Ho sempre pensato che si pagasse la qualità di un prodotto, non l'immagine.

Concludo dicendo che a mio avviso le tasse sono tasse, quindi questo simpatico Equo compenso me lo segno tra gli aumenti del 2010, nel caso a qualcuno venisse in mente di dire, tra qualche mese o in campagna elettorale, che in Italia le tasse non sono state aumentate.

5 commenti:

Anonimo ha detto...

Non solo le tasse sono tasse, ma spesso vengono introdotte nel silenzio generale, cosicché si comincia a pagare una tassa senza nemmeno saperlo... infatti il decreto di Mr. "Gelatina" Bondi è uscito il 30 dicembre, in zona vacanze... guarda che caso!
Sono pochi centesimi, nessuno ne sarà ridotto sul lastrico, ma sempre tassa è. E colpisce tutti, non solo quelli (che sono molti, beninteso) che violano i diritti d'autore causando innegabilmente un danno ai produttori.
Secondo me però riuscire a bloccare le violazioni del diritto d'autore su Internet è impossibile sia per ragioni tecniche (per un Napster che venne chiuso anni fa oggi ne vengono aperti dieci al giorno di simili, magari in paesi dove ci sono leggi lasche o diverse e quindi tutto risulta legale) che per ragioni politiche (un politico che volesse bloccare le centinaia di siti torrent, peer-to-peer, e-mule e compagnia bella diventerebbe subito impopolare, non riesce a farlo nemmeno Sarkozy in Francia, con tutto il potere di presidente che ha).
D'altra parte i prezzi dei molti prodotti multimediali sono spesso troppo alti, e non corrispondenti al valore di ciò che si vende, tanto che poi crollano pochi mesi dopo.
Quindi, o domanda e offerta trovano un accordo che accontenti entrambi (come ha fatto Apple con iTunes, dove, si compra a un prezzo decente e solo ciò che si vuole, anche una singola canzone a 0.99 euro... la Mela Morsicata è sempre avanti ;-)), oppure mettiamoci tutti a scaricare il mondo da Internet, che tanto paghiamo in anticipo!

Il Polemicomico ha detto...

perchè cercare e punire chi ruba i biscotti?? meglio punire un po tutti no?? così non si fa torto a nessuno... peccato che poi chi viene punito per niente inizia a volere la sua (dovuta) parte di biscotti... uhmmm mi sa che qualcosa non quadra....

infinitoperiodico ha detto...

La soluzione dei "tre colpi" di Sarkozy secondo me non è male, se non altro perch... Mostra tuttoè concede comunque di ricevere tre avvertimenti prima di essere "bannati" dall'accesso a Internet. In Italia però non si può fare, perchè da noi non esiste, dal punto di vista giuridico "l'avvertimento": o c'è reato e si persegue o nulla. Visto che punire duramente chi delinque non si può altrimenti insorgono i garantisti integralisti, almeno si potrebbe svecchiare quel vetusto mucchio di leggi, leggine e codicilli che ci fanno vivere nel 2010 come se fossimo negli anni '40.
Anche io penso che non si possano bloccare i siti P2p, ecco perchè occorrono strategie o politiche che non siano repressive o punitive, nè tantomeno generaliste. Sono d'accordo sul fatto che domanda e offerta devono incontrarsi e trovare una soluzione comune. Altrimenti continuerà a vigere la legge del più furbo...

MC ha detto...

A fare il pignolo l'equo compenso esiste dalla legge n. 93 del 1992 (cito a memoria). Bondi ha solo aggiornato (in aumento, ovviamente!) le cifre da corrispondere e allargato (in parte) i prodotti su cui è dovuto.

Di tassa poi non è giusto parlare, visto che nulla va (dovrebbe andare) allo Stato, essendo teoricamente tutto redistribuito tra autori, esecutori, case produttrici varie.

infinitoperiodico ha detto...

Fai bene a essere pignolo, la legge sarà pur vecchia, ma il decreto è nuovo di zecca (semmai poco originale, questo sì) ed è indice di scarsa volontà di crescere dal punto di vista tecnologico e anche civile. Possiamo chiamarla obolo, balzello o pinzillacchera, sta di fatto che sono soldi che escono dalle nostre tasche e non per qualcosa che abbiamo o facciamo, ma che potremmo fare.