Non desiderare la donna d’altri

Lo conosciamo tutti. E’ il nono comandamento che ogni buon cattolico deve osservare per salvare la propria anima e varcare così i dorati cancelli del paradiso dopo la morte del corpo. Ma cosa si intende per desiderare? Ce lo spiega l’evangelista Matteo (5,28) “Chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore”. Quindi non desiderare e non guardare per desiderare. Ma non è tutto. La donna “d’altri” significa che appartiene ad altri, equiparata in tutto e per tutto ad un oggetto. “Non desiderare la casa del tuo prossimo. Non desiderare la moglie del tuo prossimo, né il suo schiavo, né la sua schiava, né il suo bue, né il suo asino, né alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo” (Esodo, 20,17).

La condanna del desiderio, che è intrinseco e non sempre consapevole, va oltre il giudizio morale sulle azioni: questo comandamento non condanna il “possesso” della donna, non l’atto sessuale fine a se stesso, ma il solo e semplice desiderio, ovvero il pensiero. Dove nascono i pensieri, come e perché, resta ancora un mistero, pertanto è difficile poter controllare ciò che non si conosce. E come si può dunque biasimare e condannare ciò che non si può controllare?

Vero è che una volta che il pensiero peccaminoso passa alla dimensione della consapevolezza, l’uomo ha facoltà di comportarsi in modo tale da assecondarlo o meno. Ma a questo punto il nono comandamento l’ha già condannato. “Chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore”.

Mi viene il dubbio che nell'intendimento di Dio ci fosse qualcosa di diverso…

Ma la Chiesta cattolica dice così e non si discute. E allora, cari uomini, non resta che andarvi a confessare, schiacciati dal peso della colpa, pena una discesa senza sosta verso le fiamme dell’inferno. E voi donne sappiate che più vi rendete affascinanti, più diventate strumento del diavolo. Più facile sarebbe se foste ancora come bue, asino o alcuna altra cosa.