martedì 27 settembre 2011

Berlusconi, Yara e il costo della verità


La frase La legge è uguale per tutti vi dice qualcosa? In Italia spesso si cita aggiungendo una piccola   postilla: La legge è uguale per tutti, meno uno, dove per quell’uno si intende il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Le persone perbene, quindi solo quelle di sinistra, inorridiscono al fatto che costui sia il capo del governo e che invece non stia laddove meriterebbe, dietro le sbarre o, meglio ancora, sotto due metri di terra, ben compatta.


Dicono che si sottrae alla legge, ma se lo fa…beh sfrutta quel che la Legge stessa prevede. Altrimenti sarebbe un latitante, come i boss della mafia, condannati e che si sono dati alla macchia. Di Berlusconi tutto si può dire tranne che non sia sempre in bella mostra. E allora latitante non è, furbo forse, scaltro e fortunato per essere ancora vivo e libero, ma di certo non è latitante. Quindi "sottrarsi alla legge" non è, a mio avviso, corretto. Si sottrae, questo sì, al giudizio di magistrati ritenuti, dallo stesso Berlusconi, prevenuti. Che sia un perseguitato politico? Mah, tutto può essere. Di sicuro la procura milanese ha pochi interessi al di fuori di Berlusconi. Ciononostante venti anni di indagini, processi e accuse non sono stati sufficienti per ingabbiarlo e allora si tenta la strategia del "fuoco incrociato" con il supporto di altre procure amiche.

Va bene, se c’è un crimine - dicono quelli perbene - è giusto indagare e scoprire il colpevole e punirlo per quel che merita. Costi quello che costi.

Ecco il punto. Costi quello che costi: la verità è più importante di quanto possa costare il modo per scoprirla. Migliaia, decine e centinaia di migliaia di intercettazioni da effettuare per mesi, anni. Pile interminabili di nastri da sbobinare e conservare, persone impiegate full time per mesi e mesi per sapere se Berlusconi ha fatto sesso con una minorenne, se una escort è stata pagata per prestazioni sessuali senza rilasciare lo scontrino, se l’assessore Minetti era vestita da suora o da monaca. Tutto questo deve essere costato parecchio e la procura di Milano qualche risultato lo dovrà pur portare. Quelli perbene dicono che è giusto così, perché bisogna scoprire la verità e punire il colpevole.

La procura di Bergamo, invece, per mancanza di fondi ha dovuto rinunciare a chiedere rogatorie internazionali e ad effettuare ulteriori test del DNA per cercare di trovare l’assassino o gli assassini della piccola Yara Gambirasio, uccisa a 13 anni e il cui corpo straziato dal freddo e divorato dal tempo è stato abbandonato in un anonimo campo, da un anonimo assassino, tra i capannoni industriali della periferia bergamasca. Nel silenzio indecente di quelli perbene, sia  chiaro. Questo è vergognoso. Perché per questo caso la verità non ha importanza, costi quello che costi?

E’ proprio vero che la legge non è uguale per tutti: se una sera non sapete cosa fare, uscite e ammazzate qualcuno, qualcuno come Yara o Chiara Poggi. Se avrete la fortuna di non essere colti sul fatto, avrete buone probabilità di farla franca. A meno che non vi chiamiate Berlusconi.

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